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Raccolta delle principali informazioni sull’attività artistica del compositore

Compositori e dittatura, musica e censura. I linguaggi della resistenza possono essere molto diversi, come dimostrano i casi di Fernando Lopes-Graça e Galina Ustvolskaya, rispettivamente nel Portogallo fascista e nell’Unione Sovietica di Stalin

10 Ottobre 2013
17:30a19:00

Cosimo Colazzo tiene una conferenza nell’ambito di Mondi Sonori, festival di musica del ‘900 e contemporanea, e dello spazio dedicato a seminari e laboratori dal titolo “Conto aperto”, il tutto organizzato dal Conservatorio di musica di Trento. La conferenza è dedicata al tema di musica e censura, nella chiave di due autori: Fernando Lopes-Graça, resistente nei confronti della dittatura fascista di Salazar in Portogallo; e Galina Ustvolskaya, che introietta – questa un’ipotesi dello studio – nel suo linguaggio massimamente ridotto e compresso, il senso della censura staliniana.

In programma, giovedì 10 ottobre, alle ore 17.30, al Conservatorio di musica di Trento, Palazzo Consolati, V. S. Maria Maddalena 1.
Conferenza, L’arte che resiste. Esperienze compositive in contesti di censura e dittatura. Fernando Lopes-Graça. Galina Ustvolskaya.
Relatore: Cosimo Colazzo

Uno studio di Cosimo Colazzo, al X Convegno di Analisi e Teoria Musicale. Indaga la musica di Galina Ustvolskaya, compositrice russa del ‘900, allieva di Shostakovic, ma anche autrice originalissima, con poche distillate opere, che ci interrogano dal lato di una feroce riduzione del linguaggio. Nello stesso convegno, un’altra relazione di un’altra studiosa trentina, Valentina Massetti, sempre sulla musica del ‘900, e in particolare sul linguaggio di Morton Feldman.

Cosimo Colazzo è autore di uno studio dedicato alla musica di Galina Ustvolskaya (1919-2006), che presenta al X Convegno di Analisi e Teoria Musicale  – in svolgimento a Rimini, presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Lettimi”, dal 4 al 6 ottobre, organizzato dal GATM, Gruppo di analisi e teoria musicale. La compositrice russa è stata studentessa (sino al 1947) di Shostakovic, a Leningrado. Si rende autrice di una musica personalissima, fatta di pochi elementi ridotti a una dimensione basica, soggetti di uno scorrimento temporale neutro e come a un’unica dimensione. Una musica interrogativa, perché si propone, nel suo essere ai limiti dell’afasia, in un contatto bruciante con il vuoto e con il nulla. Interroga con il suo senso spiazzante, e propone anche la questione del metodo e delle tecniche di analisi che possano trovare un contatto e comunicare con essa. La relazione, che Colazzo tiene nel pomeriggio di venerdì 4 ottobre, si occuperà di disegnare il profilo dell’opera della Ustvolskaya, anche attraverso l’analisi, tramite alcune tecniche individuate come pertinenti, dei Preludi per pianoforte.

Nello stesso convegno, un’altra studiosa trentina, Valentina Massetti, formatasi al Conservatorio di Trento e all’Università di Venezia, presenta una relazione (sempre venerdì 4 ottobre), che analizza il  linguaggio del compositore statunitense Morton Feldman, e in particolare un’opera di teatro musicale, su testo di Beckett, Neither. La ricerca di Feldman, attraverso una scrittura che è molto sottile, attenta alla dimensione minima delle trasformazioni,  si propone di portare l’ascolto verso questo discrimine, che si pone innanzitutto tra suono e silenzio, e che nelle composizioni di Feldman diventa un territorio esteso, ricco di suggestioni.

Qui il PDF del programma del Convegno

Caro sindaco, rispondi per davvero. Un nuovo articolo di Cosimo Colazzo, sul Trentino di oggi, sulla questione dell’inquinamento acustico in via Verdi

Cosimo Colazzo ha scritto un graffiante corsivo, apparso sul Trentino del 17.09.2013. Sul tema dell’inquinamento acustico in via Verdi a Trento, dove ha sede, peraltro, la storica sala da concerti di Trento, la Sala Filarmonica. Il giorno successivo il Comune ha risposto sullo stesso giornale con il Servizio Pubbliche Relazioni, affermando che può solo applicare il Regolamento comunale ed è da sempre disposto a intervenire, per chiedere agli esercizi commerciali che affacciano su via Verdi, di ridurre un po’ il volume della musica diffusa, quando nella Sala si tenga un concerto. Cosimo Colazzo torna sull’argomento con questo nuovo articolo, apparso oggi, 19 settembre, sempre sul Trentino. Evidenzia gli effetti paradossali della situazione in atto, come degli argomenti adottati. E chiede al Comune e al Sindaco di rispondere alle domande importanti che sono state avanzate, intorno al modello che si intende perseguire, di sviluppo della città, di salvaguardia dell’ambiente, di definizione del paesaggio urbano, che è anche paesaggio sonoro. Leggi qui il PDF dell’intero articolo.

Un graffiante corsivo di Cosimo Colazzo, apparso sul Trentino di ieri, sul tema dell’inquinamento acustico, e della politica che, evidentemente, se ne compiace

Sul Trentino di ieri, 17 settembre, è apparso un editoriale di Cosimo Colazzo, dedicato al tema dell’inquinamento acustico che aggredisce una delle più belle vie di Trento, via Verdi, su cui affaccia, peraltro, la storica Sala Filarmonica, sede di costante attività concertistica. A partire da un concerto, reso inascoltabile dalla musica sparata al massimo dei decibel nella strada sottostante, una riflessione sul questo tema, e sul tema della politica, che si mostra inerte, incapace di una visione progettuale, organica e coerente. Qui per l’articolo, in formato PDF.

File audio del concerto pianistico di Cosimo Colazzo a MCA Concert Hall Middlebury College, con musiche di Casella, Colazzo, Mompou, Lopes-Graça, Nin-Culmell

E’ disponibile sul sito www.cosimocolazzo.it la serie di file audio relativa al concerto pianistico tenuto da Cosimo Colazzo alla MCA Concert Hall del Middlebury College, Vermont, Stati Uniti. Il programma del concerto ha compreso vari brani di Cosimo Colazzo (Voiles englouties par Ondine; Stanze; La piega il respiro), A notte alta di Alfredo Casella, Preludi di Federoco Mompou, Cinco Nocturnos di Fernando Lopes-Graça e Tonadas di Joaquin Nin-Culmell.

Di seguito i file per l’ascolto.

  • Registrazione live Concerto Middlebury College – Italian School, MCA Concert Hall, Mercoledì 31 luglio 2013, ore 21.00. Mediterraneo notturno meridiano, Recital pianistico di Cosimo Colazzo. Musiche di Casella, Colazzo, Mompou, Lopes-Graça, Nin-Culmell

Alfredo Casella (1883-1947), A notte alta (1917) poema musicale per pianoforte op. 30 [File MP3] [23:39] 

Cosimo Colazzo (1964), Voiles englouties par Ondine (1988) per pianoforte [File MP3] [05:24] 

Federico Mompou (1893-1987)da Preludes (1928) pour piano (Dans le style romance – Energiquement – Lentement et très espressif – [4] – Moderato, pour la main gauche) [File MP3] [20:00] 

Cosimo Colazzo (1964)Stanze (1997) per pianoforte [File MP3] [o9:00] 

Fernando Lopes-Graça (1906-1994)Cinco nocturnos (1959) per pianoforte (Tranquilo – Misterioso – Lusingando – Sostenuto – Lamentoso) [File MP3] [14:34] 

Cosimo Colazzo (1964)La piega il respiro (2013) per pianoforte (prima esecuzione assoluta) [File MP3] [12:36] 

Joaquin Nin-Culmell (1908-2004)da Tonadas – Vol. I (1956) per pianoforte (Saratarra naizela  – Jota castellana – Cancion de labrador  – Arada de Salamanca – Diferencia sobre la arada de Salamanca  – Charrada de Salamanca  – Baile de Burgos) [File MP3] [09:39] 

Alla seguente pagina è possibile ascoltare altre interpretazioni pianistiche di Cosimo Colazzo: http://www.cosimocolazzo.it/interprete/mp3-interprete

Per ascoltare le composizioni di Cosimo Colazzo, a questa pagina: http://www.cosimocolazzo.it/compositore/mp3

A questo link il programma di sala del Concerto alla MCA Concert Hall del Middlebury College, del 31 luglio 2013.

Qui di seguito un commento ai brani nel programma del Concerto.

Un viaggio attraverso un’idea particolare di Mediterraneo, visto nella chiave delle immagini della notte, o del sole meridiano.

Nella notte è l’idea della figura che si sfalda in risonanza, in un colore scuro che dilaga. E’ paesaggio silente, che si anima di suoni inediti, legandosi a una coscienza incerta, fluida, aperta al possibile. Così in Alfredo Casella (1883-1947), autore nel 1917 di un poema musicale per pianoforte, A notte alta, dove emerge il Casella che sperimenta una timbrica profetica, rivolta verso la dimensione della macchia sonora, del rumore, insieme con un’idea di forma e di temporalità, molto innovativa, dove vale il senso della risonanza.

Ed è l’idea della notte che emerge anche in un’opera del 1959 di Fernando Lopes-Graça (1906-1994). Si tratta degli splendidi Cinco Nocturnos, con il loro senso profondo dello scavo, dell’essenzialità figurale, insieme con certi scarti improvvisativi, che costituiscono come una piegatura della forma, dentro una dimensione di molta concentrazione e rigore.

Contemplazione, senso della risonanza, apertura dei materiali a un tempo che si allarga e li induce a respirare, senso della piega, della linea curva, si ritrovano nelle composizioni di Cosimo Colazzo: da Voiles englouties par Ondine (1988), con un gioco tecnico molto sottile su certi richiami a Debussy, a Stanze (1997), ripiegato su sonorità in ombra e anche densamente risonanti, al più recente La piega il respiro (2013) che viene presentato in prima esecuzione assoluta nel concerto.

C’è poi la luce mediterranea di Federico Mompou (1893-1987), anch’egli autore di una musica che è risonanza e piegatura del tempo, apertura al notturno, ma anche a una luce meridiana, stupefatta e fissa, nella sua esposizione pura dell’angolo retto. Così nel ciclo dei Preludes (1928).

E poi l’Iberia sognata di Joaquín Nin-Culmell (1908-2004), che dalla Spagna si trasferì negli Stati Uniti, nel 1939, con la madre e la sorella scrittrice Anaïs Nin (per i cui celebri Diari ha scritto le prefazioni) -, insegnando dapprima proprio al Middlebury College, dove Colazzo tiene il concerto. Un omaggio particolare, quindi, anche per questo motivo, a quest’autore, con il concerto. Successivamente Nin-Culmell avrebbe insegnato la Composizione alla University of California di Berkeley. Nelle Tonadas (1956), troviamo una Spagna sognata nel ricordo di una bellezza che è fatta di pochi gesti, di sottili disegni che emergono dentro lo sfumato della memoria.

 

Uno studio di Cosimo Colazzo su El Sistema, vale a dire il Sistema delle Orchestre Infantili e Giovanili, attivo in Venezuela, pubblicato di recente in Francia, in un volume delle Edizione dell’Università di Lorraine di Nancy. El Sistema è diventato un mito a livello internazionale, la dimostrazione di come la musica sappia, nei termini di un tale progetto, prevenire il disagio sociale e educare allo stare in comunità. Lo studio di Colazzo analizza i contesti storici, sociali, economici e politici in cui El Sistema si avvia e poi trova continuità, sino all’attuale condizione, per cui è un soggetto rilevantissimo di intervento culturale e sociale in Venezuela. La storia di El Sistema è complessa, come complessa è la vicenda della democrazia in Venezuela, da un modello consociativo di gestione del potere, verso le interpretazioni populiste e carismatiche promosse da Hugo Chavez.

21 Agosto 2013
19:00

Cosimo Colazzo ha condotto uno studio approfondito su El Sistema, il nome che più brevemente e comunemente indica il famoso Sistema delle orchestre infantili e giovanili che è attivo in Venezuela su tutto il territorio nazionale, fondato e guidato da José Antonio Abreu. Ultimamente El Sistema è assurto a notorietà internazionale, anche per testimonial entusiasti come Claudio Abbado e Simon Rattle. Vi si sono interessati i media internazionali, disegnandolo come un miracolo che proviene da un paese del terzo mondo, che ha saputo cogliere della musica il potere straordinario, di liberazione dal disagio, di promozione dei valori comunitari. Da un tale contesto sono emerse figure ormai di fama planetaria, come il direttore d’orchestra Gustavo Dudamel.

Lo studio di Colazzo, dal titolo “Le système des orchestre juvéniles et infantiles du Venezuela: du mythe à l’analyse d’un modèle d’education et de promotion sociale par la musique” è stato pubblicato all’interno di un volume di ricerche edito dalle edizioni della Université de Lorraine de Nancy, in Francia, dal titolo “Le Venezuela d’Hugo Chavez: bilan de quatorze ans de pouvoire” (a cura di Olivier Folz, Nicole Fourtané e Michèle Guiraud, ed. PUN édition universitaires de Lorraine, Nancy, 2013, pp. 432, € 25,00), dedicato a trarre un bilancio degli anni di governo di Hugo Chavez in Venezuela.

Colazzo, docente di Composizione al Conservatorio di musica di Trento, nonché docente presso la Italian School del Middlebury College negli Stati Uniti, e membro dell’équipe di ricerca del CESEM, Centro de Estudos de Sociologia e Estética Musical presso la Universidade Nova di Lisbona, è particolarmente interessato ai temi dei rapporti tra musica e politica, tra musica e potere, e all’interno di quest’ultimo ambito, dell’azione della censura rispetto alla musica.

Lo studio che Colazzo ha dedicato a El Sistema  si addentra nell’analisi del fenomeno, per contestualizzarlo dal punto di vista storico come anche delle condizioni politiche che l’hanno motivato. Esso non è un miracolo, ma una realtà che si è prodotta storicamente in un preciso contesto sociale, economico, politico. Bisogna capire come sia riuscito a tessere la sua lunga storia, che oltrepassa di gran lunga Chavez e il chavismo, ponendo le sue origini in una realtà politica affatto diversa.

El Sistema nasce nel 1975 in un contesto politico segnato da un’espressione consociativa del potere democratico. Dalla fine degli anni ’50, quando si è usciti dalla dittatura di Marcos Pérez Jiménez, in Venezuela sono rimasti al potere, alternandosi, sempre gli stessi partiti. Sono il COPEI, di ispirazione cristiana e centrista, e l’AD, di ispirazione socialista. E’ l’effetto, che doveva essere temporaneo e invece si è protratto per decenni, del cosiddetto Pacto de Punto Fijo, che aveva messo insieme gli interessi dei due suddetti e della URD (un altro partito di centro-sinistra). Sono partiti sostanzialmente moderati, che attraverso il patto intendevano escludere le ali estreme, e soprattutto il partito comunista. Chiunque avesse prevalso alle prime elezioni avrebbe comunque portato al potere anche gli altri partiti. Presto lo spirito del Pacto fu interpretato come una utile possibilità di conservazione del potere, da parte dei due principali partiti, AD e COPEI. Il Paese è stato guidato quindi per decenni, dagli anni ’60 agli inizi degli anni ’90, nello spirito di una politica di co-gestione, che ha prodotto l’attitudine a interventi di tipo clientelare. Le enormi risorse assicurate dal petrolio hanno consentito di distribuire possibilità per tutti gli interessi in campo, da quelli della base sociale più povera, al ceto medio, ai grandi capitali.

E’ in una tale cornice politica che nasce El Sistema, trovando sostegno pubblico e immediatamente molte risorse per esprimere tutti i suoi progetti, all’interno del paese come anche a livello internazionale. Non si deve dimenticare, inoltre, che Abreu risulta attivo politicamente, come deputato, e poi anche, nel 1983, per breve tempo, come ministro della cultura.

Un altro punto importante di approfondimento, nello studio di Colazzo, è quello che riguarda l’entrata in crisi del modello di potere sopra detto. A un certo punto, negli anni ’90, rapidamente i due partiti da sempre al potere si logorano.  Entra sulla scena Chavez, dapprima in quanto militare, capeggiando alcuni tentativi di colpo di stato, poi in quanto soggetto politico, come leader del Movimiento Quinta Republica, che prevale nelle elezioni del 1998 e nelle presidenziali del 1999. Quello che è venuto meno nel tempo è il modello liberale di Stato, con la sua interpretazione clientelare, resa impossibile dalla crisi economica e dalla necessità di adottare politiche di ristrutturazione del debito e di contenimento della spesa. A sostituirlo, con un forte sostegno popolare, è un’idea di “una democrazia differente, populista, partecipativa”, portata a saltare i livelli di mediazione formale. Chavez è il leader carismatico del nuovo potere, che porta sulla scena politica le masse più povere del Paese. E’ infatti questa la base del consenso politico di Chavez.

Lo studio di Colazzo analizza questo passaggio e consente di capire come El Sistema abbia saputo sopravvivere al terremoto politico, incrementando, anzi, le proprie risorse, a un ritmo vertiginoso ogni anno. Qual è la saldatura che si realizza tra il nuovo potere, ispirato a una visione bolivarista della politica, che articola insieme ideali socialisti, populismo, nazionalismo e, a livello di politica estera, un plateale antiamericanismo e slogan antioccidentali, e El Sistema? C’è da considerare l’ispirazione sociale del progetto. El Sistema è un progetto di promozione dell’inclusione sociale, di prevenzione del disagio, che si esprime attraverso la formazione e la pratica musicale. Il progetto vuole raggiungere tutti, senza distinzioni relative al censo, all’origine sociale, all’età. L’idea è che tutti possano fare musica. Inoltre c’è la sottolineatura per cui la pratica musicale è da realizzare nei termini di musica d’insieme. L’apprendimento si radica individualmente attraverso processi d’apprendimento espressi collettivamente.  D’altro canto è da considerare quanto contribuisca a tenerlo inestricabilmente legato ai destini del Venezuela e di chi detenga il potere nel paese, la fascinazione mediatica che esso esercita a livello internazionale. El Sistema costituisce un formidabile veicolo di promozione del Paese e del suo governo a livello internazionale.

Colazzo espone anche le voci interne di dissenso rispetto al progetto, che in genere non trovano eco fuori del Paese, e che sono peraltro minoritarie anche all’interno del Paese. Esse vengono significativamente dall’interno del chavismo (che è, appunto, una nebulosa che sa tenere cose varie, molto diverse e anche contradditorie al suo interno) o da movimenti ancora più a sinistra. Queste critiche significano come il progetto non corrisponda agli ideali bolivaristi. Esso è disegnato come una macchina che assorbe la maggior parte delle risorse per le iniziative culturali. Nulla o poco può muoversi fuori da esso. E’ descritto come un centro forte di potere. Inoltre, esso promuove un’idea di musica che è eurocentrica, legata a un definito repertorio, che è quello della letteratura classica riconosciuta. In tal senso allontana sempre più dal tessuto delle musiche popolari, delle tradizioni storiche nazionali, anche colte, come anche dalle produzioni contemporanee che si realizzano in loco. E’ individuato come un elemento di plasmazione della cultura musicale in senso occidentale e eurocentrico, fuori dai termini del bolivarismo e del chavismo, come versione aggiornata di esso, che significa una via specifica di sviluppo della democrazia, della politica, della produzione culturale e artistica, che riguarda l’identità particolare e meticcia dell’America latina.

Nella sua essenza, considera Colazzo, il  progetto di Abreu, è sostanzialmente ispirato a valori spirituali. E’ fuori da questi riferimenti. Concepisce la musica per se stessa, in quanto linguaggio superiore (e in questo senso si riferisce alla cosiddetta grande musica, vale a dire alla musica classica di tradizione occidentale), parente del Bello e del Bene, come capace di essere terapeutica al livello della persona e delle società.

Lo studio di Colazzo porta luce su come il progetto di El Sistema si sia prodotto storicamente lungo il complesso e contraddittorio cammino della democrazia e del potere in Venezuela. E propone di fatto la questione, su cui vale la pena di riflettere, di come un tale progetto trovi in alcune voci della sinistra del Venezuela un forte dissenso, e, nello stesso tempo, un enorme consenso presso le sinistre occidentali, in Europa e molto anche in Italia.

A questo collegamento il saggio di Cosimo Colazzo, Le système des orchestre juvéniles et infantiles du Venezuela: du mythe à l’analyse d’un modèle d’education et de promotion sociale par la musique

Qui per il comunicato stampa

Qui è possibile acquistare il volume Le Venezuela d’Hugo Chavez : bilan de quatorze ans de pouvoir, édité parOlivier Folz, Nicole Fourtané, Michèle Guiraud, PUN édition universitaires de Lorraine, Nancy, 2013, pp. 432

Cosimo Colazzo, con Emily Newton, al Middlebury College, in un concerto vocale che presenta alcune liriche dello stesso Colazzo (su testi poetici di Fausto Melotti) per soprano e pianoforte, percorre il mondo dell’opera (da Verdi a Boito a Leoncavallo, ad altri autori), e tocca, a lato di questo, il sensibile mondo di Bellini e delle sue composizioni da camera. Nella splendida cornice del Mahaney Center for the Arts e della sua Concert Hall, al Middlebury College, in Vermont, negli Stati Uniti.

5 Agosto 2013
21:00a23:00

Cosimo Colazzo, docente al Middlebury College, Italian School, dove tiene corsi sulla musica e sulla cultura italiana, è impegnato anche in una serie di concerti, con proprie musiche e di altri autori. Così nel primo concerto pianistico del 31 luglio scorso, con tre sue composizioni, di cui una in prima assoluta, accanto a musiche di Mompou, Nin-Culmell, Lopes-Graça. In quel caso è stato un viaggio dentro il Mediterraneo, notturno e meridiano, comunque nell’impronta dell’incanto, della sospensione, del suono silente e stupefatto. Suoni notturni e la luce del meriggio, che rendono insolite le percezioni e l’ascolto.

Il secondo concerto è dedicato alla cultura italiana, nell’impronta importante e creativamente rilevante, dell’opera e della vocalità. L’opera italiana è stata modello di riferimento per la musica e per il teatro in Europa. Il gusto e il senso italiano della vocalità e della costruzione del teatro musicale sono stati di riferimento in Europa. Gli artisti italiani, compositori, librettisti, cantanti, scenografi erano attivi in tutta Europa. I compositori stranieri scrivevano opere nella lingua italiana. Si veniva in Italia per apprendere o affinare l’arte musicale.

Un percorso attraverso l’opera ci dice proprio il senso dell’evoluzione di un’arte che dalle finezze astratte e artificiose dell’opera seria del barocco, dalle forme chiuse prevalenti in questo periodo, procede verso l’acquisizione di una fluidità sempre più realistica e drammaticamente pregnante.

Cosimo Colazzo al pianoforte e il soprano Emily Newton, con la collaborazione del baritono Kenneth Mattice, tengono un concerto proprio in questo senso,  il prossimo 5 agosto 2013, alle ore 21:00, nella splendida cornice del Mahoney Center for the Arts e della sua Concert Hall, al Middlebury College, in Vermont, negli Stati Uniti. Si procede, con il concerto, verso Verdi e il suo plastico senso del teatro (particolarmente curato e approfondito, nel confronto con il modello di Shakespeare, in Macbeth e Otello) e proseguendo attraverso la scapigliata volontà di un linguaggio rinnovato e colto, con Arrigo Boito (e il suo Mefistofele), e poi per le strade del verismo acceso di Leoncavallo (con Pagliacci).

Accanto all’opera, le composizioni da camera di Vincenzo Bellini, dotate di uno squisito senso della melodia, di una sensibile contestualizzazione nell’accompagnamento pianistico.

Il concerto propone in programma anche Tre liriche di Cosimo Colazzo, per soprano e pianoforte, su testi poetici di Fausto Melotti.  “Le colombe dal viso di fanciulla”, “Anche gli alberi hanno paura”, “Col tramonto, in silenzio”, sono i titoli delle tre composizioni, che musicano tre poesie dalla raccolta “Il triste minotauro”. Fauso Melotti, artista roveretano, è noto per l’importante attività artistica e di scultore. Egli ha comunque prodotto anche alcune interessanti prove poetiche e di scrittura (pubblicate da editori come Scheiwiller e Adelphi). Gli esiti sono in una poesia sensibile e raffinata, ricca di valori musicali.

La musica di Colazzo si lega all’atmosfera evocativa e sospesa che traspare dai versi, con un lirismo che prende movenze dolci, ma anche sorvegliate nei profili e nelle curve che assume, affinché esso si dia in rapporti sempre piuttosto essenziali, raccolti, misurati. Il pianoforte effonde sonorità rarefatte, sospese; oppure accompagna con figure ricche di valori timbrici, preziose nel dettaglio sonoro trovato.

Emily Newton è un soprano statunitense, molto giovane, ma già affermata, impegnata in importanti produzioni, in ruoli protagonisti. Vive in Germania, ed è artist in residence per l’estate 2013 al Middlebury College. Anche Kenneth Mattice, baritono, è statunitense. Anch’egli è già proiettato verso un’ottima carriera, con impegni artistici di rilievo.

Qui per il programma del concerto

Qui il sito del Middlebury College

Qui il sito del Mahaney Center for the Arts presso il Middlebury College.

Un’immagine della Concert Hall

Il Comunicato stampa relativo al concerto

Cosimo Colazzo negli Stati Uniti per alcuni concerti. Docente alla Italian School del Middlebury College, in Vermont, Colazzo dedica un primo concerto pianistico a musiche del ‘900 e proprie, nel tema della mediterraneità. Notturni e atmosfere contemplative. Un viaggio attraverso il bacino del mare nostrum, la penisola iberica, la Francia, l’Italia.

31 Luglio 2013
21:00a23:00

Cosimo Colazzo, docente al Conservatorio di musica “Bonporti” di Trento, è compositore e interprete che indaga soprattutto il Novecento musicale. Dal 2012 è docente al Middlebury College, negli Stati Uniti, dove tiene corsi e laboratori sulla musica e la cultura italiana. Tra luglio e agosto terrà una serie di concerti, presso la splendida cornice dalla Concert Hall del Mahaney Center for the Arts del Middlebury College. Il primo è un concerto pianistico, che tiene mercoledì 31 luglio alle ore 21:00. Nel concerto, che reca il titolo “Mediterraneo notturno meridiano”, Colazzo propone un programma con musiche proprie e di autori del ‘900, quali Alfredo Casella, Federico Mompou, Fernando Lopes-Graça, Joaquin Nin-Culmell. E’ un viaggio attraverso un’idea particolare di Mediterraneo, visto nel chiave delle immagini della notte, o del sole meridiano.

Nella notte è l’idea della figura che si sfalda in risonanza, in un colore scuro che dilaga. E’ paesaggio silente, che si anima di suoni inediti, legandosi a una coscienza incerta, fluida, aperta al possibile. Così in Alfredo Casella (1883-1947), autore nel 1917 di un poema musicale per pianoforte, A notte alta, dove emerge il Casella che sperimenta una timbrica profetica, rivolta verso la dimensione della macchia sonora, del rumore, insieme con un’idea di forma e di temporalità, molto innovativa, dove vale il senso della risonanza.

Ed è l’idea della notte che emerge anche in un’opera del 1959 di Fernando Lopes-Graça (1906-1994) che viene presentata nel concerto. Si tratta degli splendidi Cinco Nocturnos, con il loro senso profondo dello scavo, dell’essenzialità figurale, insieme con certi scarti improvvisativi, che costituiscono come una piegatura della forma, dentro una dimensione di molta concentrazione e rigore.

Contemplazione, senso della risonanza, apertura dei materiali a un tempo che si allarga e li induce a respirare, senso della piega, della linea curva, si ritrovano nelle composizioni di Cosimo Colazzo: da Voiles englouties par Ondine (1988), con un gioco tecnico molto sottile su certi richiami a Debussy, a Stanze (1997), ripiegato su sonorità in ombra e anche densamente risonanti, al più recente La piega il respiro (2013) che, nella versione per pianoforte solo, viene presentato in prima esecuzione assoluta nel concerto.

C’è poi la luce mediterranea di Federico Mompou (1893-1987), anch’egli autore di una musica che è risonanza e piegatura del tempo, apertura al notturno, ma anche a una luce meridiana, stupefatta e fissa, nella sua esposizione pura dell’angolo retto. Così nel ciclo dei Preludes (1928), di cui Colazzo presenta i primi sei brani.

E poi l’Iberia sognata di Joaquin Nin-Culmell (1908-2004), che dalla Spagna si trasferì con la famiglia  – anche con la sorella scrittrice, Anaïs Nin (per i cui celebri Diari ha scritto le prefazioni) – negli Stati Uniti, nel 1939, insegnando dapprima proprio al Middlebury College, dove Colazzo tiene il concerto. Un omaggio particolare, quindi, anche per questo motivo, a quest’autore, con il concerto. Successivamente Nin-Culmell avrebbe insegnato la Composizione alla University of California di Berkeley. Nelle Tonadas, di cui Colazzo esegue sette brani dal primo volume (del 1956), troviamo una Spagna sognata nel ricordo di una bellezza che è fatta di pochi gesti, di sottili disegni che emergono dentro lo sfumato della memoria.

Qui il programma del concerto

Qui il sito del Middlebury College

Qui il sito del Mahaney Center for the Arts presso il Middlebury College.

Un’immagine della Concert Hall

Comunicato stampa

Un concerto del duo pianistico Cosimo Colazzo e Maria Rosa Corbolini al Festival Eterotopie di Mantova. Domenica 23 giugno alle 11.30 al Palazzo di San Sebastiano.

23 Giugno 2013
11:30a13:00

Il concerto si tiene nell’ambito di un festival, come Eterotopie, curioso di aprire prospettive e letture intorno ad alcuni spunti tematici, e di intrecciare rapporti tra musica e altre dimensioni artistiche. Nell’edizione 2013 il tema rilevante del festival (che si svolge a Mantova dal 21 al 30 giugno) è quello del mito. Il concerto di Cosimo Colazzo e Maria Rosa Corbolini, docenti al Conservatorio di musica “Bonporti” di Trento, reca il titolo “Il mito oscuro meridiano”. Si tiene domenica 23 giugno alle ore 11.30 al Palazzo di San Sebastiano a Mantova. Attraverso le musiche di Massetti, Colazzo, Lopes-Graça, Casella e Ligeti, il concerto del duo indaga ricerche del ‘900 e attuali volte ad allargare il senso del suono e del tempo musicale, verso dimensioni altre, fatte di una materialità scura e profonda, o anche di visioni trasparenti e lucide, o del senso dell’attesa e dell’incanto.

Cosimo Colazzo e Maria Rosa Corbolini sono protagonisti nella forma del duo pianistico per pianoforte a quattro mani e per due pianoforti, al Festival “Eterotopie | altri luoghi”, che si svolge a Mantova (dal 21 al 30 giugno), in un concerto che reca il titolo “Il mito oscuro meridiano” e si inquadra in un più ampio interesse del festival, nell’edizione 2013, rivolto al tema del mito.

Mito oscuro, come richiamo alla dimensione ctonia e profonda del mito, inesauribile e originaria, attrattiva come abisso indistinto. Mito anche come visione meridiana e trasparente delle cose. Il mito può essere altalenante tra opposte polarità. E il programma del concerto vuole proprio dare rappresentazione di uno spettro di significati che si propone nel senso dello scuro profondo, della materialità che avvolge tutto nelle sue spire, o anche della trasparenza, della lucidità, dell’angolo retto, della sospensione e dell’incanto.

Il programma del concerto, che si tiene domenica prossima 23 giugno alle ore 11.30 a Palazzo San Sebastiano, propone musiche del ‘900 e contemporanee. Sono proposte, con il programma, alcune opere di Valentina Massetti e di Cosimo Colazzo. Insieme con opere di Alfredo Casella, Fernando Lopes-Graça, Gyorgy Ligeti.

Di Valentina Massetti (1984), il duo propone un’opera fatta di atmosfere silenti e sospese, di un gioco percettivo che si rivolge alle possibilità evocative del vuoto. Massetti, di cui viene eseguito il brano dal titolo Linee sospese (2013) per pianoforte a quattro mani, è una giovane compositrice trentina. Diplomata in Contrabbasso al Conservatorio di Trento, in Didattica della musica al Conservatorio di Venezia, laureata in Musicologia all’Università Ca’ Foscari, attualmente sta concludendo gli studi di composizione al Conservatorio di Trento. Ha sviluppato un suo linguaggio, che si distingue nel senso dell’uso di materiali estremamente ridotti ed essenziali, atti a generare, insieme con il silenzio che li circonda, un senso intimo dell’espressività.

Di Cosimo Colazzo (1964) sono in programma alcune opere che esprimono il gusto, che è proprio del compositore, per una forma che può deviare, differire il suo corso, evidenziando il momento, l’evento nella sua propria liricità, nella  sua risonanza. Nelle opere comprese nel programma, da Stanze (1997/2013) per pianoforte a quattro mani, a Preludes (1988/2011) per due pianoforti, al più recente La piega il respiro (opera del 2013, nell’occasione in prima assoluta) per pianoforte a quattro mani, si produce il senso dello stare incantati nell’attesa, nel trascorrere del tempo, che è risonanza, memoria. Il tempo non è misura ordinata, è piega e deviazione, flusso, deflusso e respiro.

Il concerto propone, inoltre, la figura significativa di Alfredo Casella (1983-1947), autore di forte personalità, che rivela un infallibile gusto per la dissonanza, il trattamento espressivo dei materiali e la passione per la ritmica incisiva.  La musica di Alfredo Casella, con Pagine di guerra (1915), parla in termini duri e dissonanti, della materia orribile della guerra. Certo indulgere al tratto d’immagine è subito compensato da un senso asciutto della dissonanza e del ritmo. Come in Pupazzetti (1915), che asciuga, con il senso del gioco e dell’ironia, ogni retorica sentimentale. Forme e geometrie in evidenza. Il tutto netto, trasparente, preciso, meridiano nella misura precisa di ogni relazione.

Gyorgy Ligeti (1923-2006) è molto persuasivo, con i suoi Cinque pezzi (1942-1950), nella volontà di trovare un linguaggio preciso e articolato, che propone alcuni richiami, in certi casi, rispetto al senso della musica popolare ungherese, con il suo senso acceso del ritmo, con la sua modalità così eccentrica. Si tratta di una serie di opere brevi, che fanno parte della produzione giovanile di Ligeti, e che sono rivelative di una passione dell’autore per i materiali fatti di tagli formali recisi, di atmosfere nette, del piacere per il gioco ritmico spiazzante.

Nel programma sono infine presenti due opere per due pianoforti di Fernando Lopes-Graça (1906-1994), autore portoghese che ha realizzato una vasta opera, tutta rivolta all’Europa della ricerca e dell’impegno per il rinnovamento dei linguaggi.  Lopes-Graça ha subito la persecuzione del regime fascista  salazariano. E’ un autore che troviamo da subito fortemente proiettato in direzione europea, con il suo linguaggio compositivo, che può richiamare in certi aspetti Bartók, o Stravinskij, o Hindemith. Nella sua musica ritroviamo talento, cultura, tecnica e metodo. Il concerto propone Prelúdio, Cena e Dança (1929/1973) un’opera che evidenzia un profilo sempre molto geometrico. E Paris 1937 (1937/1968), dove c’è il senso percussivo del pianoforte, il gusto della dissonanza materica, insieme con il gioco che apre all’intrusione del leggero, del suono corrente, del jazz, del charleston, del valzer, sempre deformati, virati verso la dissonanza e la stratificazione politonale.

Qui il programma del concerto.

Qui il programma del festival Eterotopie nell’edizione 2013.

Inoltre, il sito di Eterotopie | altri luoghi.

La musica come cultura. L’esperienza di Marco Anzoletti, compositore trentino attivo tra Otto e Novecento. Se ne parla nella dodicesima puntata della trasmissione di Cosimo Colazzo e Daniele Torresan per Rai Radio Due

18 Giugno 2013
15:45a16:15

La musica come cultura, ricerca, analisi. L’esperienza di Marco Anzoletti, compositore trentino vissuto tra Otto e Novecento. Se ne parla nella dodicesima puntata della trasmissione condotta da Cosimo Colazzo e Daniele Torresan per Rai Radio Due. In onda martedì 18 giugno a partire dalle ore 15.45. La trasmissione, che è inserita nel palinsesto delle trasmissioni regionali per il Trentino, tratta, con la puntata di questa settimana, di un progetto di ricerca e produzione, promosso dal Conservatorio di musica di Trento, che ha avuto esito in un allestimento dell’opera “La fine di Mozart” di Marco Anzoletti, al Teatro Sociale di Trento, nel marzo 2011.

 

La trasmissione “Il cammino e l’evoluzione del Conservatorio di musica di Trento”, condotta da Cosimo Colazzo e Daniele Torresan ha trattato, in alcune puntate, di un interesse che il Conservatorio ha espresso, attraverso progetti e realizzazioni, nel campo della ricerca e della produzione musicale, che hanno riguardato il patrimonio storico del territorio.

L’indagine è avvenuta nel riferimento ad alcune figure chiave. Con la musica di Giacomo Gotifredo Ferrari e di Giancarlo Colò si è potuto entrare in contatto con la cultura musicale nel discrimine tra Sette e Ottocento. Tale cultura è stata osservata nella linea di impegno sull’opera, nei termini del gusto italiano e di scuola napoletana, attraverso il roveretano Ferrari. Inoltre è stata affrontata nella linea di impegno sulla musica strumentale da camera, di ispirazione viennese, con il rivano Colò. Se di questo si è trattato nella decima puntata della trasmissione, nell’undicesima si è passati al pieno Ottocento, che in Italia significa anche il dibattito intorno alla nazione e ai valori del Risorgimento. Si è parlato della romanza da camera, nell’idea di rinnovamento di Andrea Maffei, espressa in progetti e posizioni culturali, che hanno a che fare anche con il salotto De’ Lutti, cenacolo intellettuale attivo a Riva del Garda.

Nella dodicesima, e penultima puntata, della trasmissione, che andrà in onda martedì 18 giugno a partire dalle ore 15.45, su Rai Radio Due, si parla di Marco Anzoletti, e si passa a un periodo ulteriore, a cavallo tra Otto e Novecento.

Marco Anzoletti, trentino, studia e si perfeziona, per tre anni a Vienna. Integra, così, un’idea della musica come sviluppo di un linguaggio che deve avanzare, approfondire e conquistare nuovi valori. La sua idea di musica è nella direzione di una considerazione di essa nel più ampio alveo culturale. Deve veicolare valori di approfondimento, analisi, stare in contatto con le altre arti. E’ un’idea ispirata al mondo tedesco. Anche l’opera deve farsi interprete di un’idea per cui è spettacolo che ha a che fare con la dimensione del teatro. La musica si connette alle altre arti e trova un equilibrio con le esigenze del teatro.

Anzoletti ha scritto molte opere. Più in generale, il suo catalogo è molto vasto. Una delle sue opere è dedicata a Mozart, all’ultima fase della sua vita, quando i presagi della fine si fanno sentire e tutto si colora di un’ombra inquietante. “La fine di Mozart” è il titolo di quest’opera, scritta nel 1898, con libretto dello stesso compositore.

Sull’opera è stato realizzato dal Conservatorio di musica di Trento un progetto di ricerca e produzione musicale, che ha avuto esito nell’allestimento al Teatro Sociale di Trento, il 25 e 26 marzo 2011. Il progetto è stato coordinato da Mattia Nicolini, docente di canto, che ha prodotto un lavoro di revisione e curatela sull’opera a partire dal manoscritto.

Anzoletti intende offrire un omaggio alla figura di Mozart. Per lui è un modello di gusto musicale, e anche di considerazione della musica nella sua radice culturale. E’ genio, ma anche consapevolezza, senso alto della musica, come linguaggio che si esprime in quanto forma, architettura.

Anzoletti rappresenta Mozart nell’ombra di un crepuscolo, circondato da tensioni, da un senso di ansia, di angoscia. Così già nel Preludio, e poi nei suoi interventi.

Compare anche Beethoven, e un incontro tra i due. Scrivere un’opera su monumenti della storia musicale propone la possibilità di introdurre citazioni storiche nella trama musicale. E’ quanto fa Anzoletti, che innesta riferimenti, sia a Mozart che a Beethoven.

Inoltre l’opera possiede il senso dello svolgimento continuo, secondo articolazioni che sono regolate dal senso teatrale. La musica non può sostare, cercare le predilette regolarità. Deve adattarsi, invece, alla narrazione teatrale, stare in rapporto con essa. Il canto adatta ritmo e curve al profilo della parola. Si fa declamato. Il linguaggio musicale, pur esso, non è conciliante, e si addensa di cromatismi, differisce cadenze e simmetrie.

I personaggi sono sbozzati anche secondo certe formule fisse e convenzionali. Ad esempio, Beethoven è inquieto e titanico; quanto Mozart, invece, è fantasia, resistenza fanciullesca all’oppressione della vita. Tuttavia questi aspetti sono inseriti in un contesto e in un quadro di linguaggio che è avanzato, che presenta interessanti virate verso il modernismo.

Il Conservatorio di musica di Trento negli ultimi dieci anni ha espresso importanti valori di ricerca, nella produzione di attenzione e di impegno operativo concreto rispetto al patrimonio storico del territorio, che è stato portato a comunicazione pubblica estesa, grazie a una notevole capacità realizzativa. Sono state allestite opere, messe in campo pubblicazioni. “La fine di Mozart” si inserisce in questo quadro, divenendo un’impresa importante, anche per la difficoltà e l’entità dell’allestimento che è stato prodotto.