Il dibattito sulle questioni di genere si è fatto stringente. In un editoriale per il quotidiano “L’Adige” Cosimo Colazzo discute una prospettiva ecologica (Bateson) che anche in questo campo, dove vengono a confronto il privilegio maschile, antiche e nuove subalternità e minoranze, sappia generare una prospettiva dialogica basata sul carattere profondamente culturale delle distinzioni di genere (Goffman).

Il dibattito sui nuovi generi si è fatto stringente, invade società e politica creando reazioni, spinte e controspinte. Cosimo Colazzo interviene con un suo editoriale per il quotidiano “L’Adige”, pubblicato venerdì 7 maggio 2021. L’autore discute l’idea che i nuovi generi, quelli delle minoranze LGBTQ+ che chiedono riconoscimento e tutele legali, corrispondano – come taluno afferma, anche da ambiti progressisti – a una spinta eccessiva che rifiuta la radice biologico-naturale delle differenze di genere. Si tratta di assumere, invece, la condizione integralmente culturale di tutte le differenze di genere, anche di quella che taglia dicotomicamente maschile e femminile e che ha strutturato funzionalmente e in senso complementare le nostre società con i rapporti di potere prevalenti (Goffman). Una prospettiva ecologica alla Bateson, che è quella invocata da Colazzo, spinge per considerare le differenze di genere, di tutti i generi, senza pregiudizi, come articolazioni e segmentazioni dentro un sostanziale continuum che richiede soprattutto una radicale tolleranza

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“Désordre”, progetto dell’Associazione Culturale “Piazza del Mondo”, ora in un libro pubblicato da Armando editore, dal titolo “Désrodre. Futurismi di ieri e di oggi”. Disordine e disordinamento furono praticati a inizio ‘900 dal futurismo, ma hanno proiezioni, riplasmati profondamente, nell’oggi, come rispecchiamenti nella storia e nell’antico. Il libro è un affascinante viaggio che insegue le tracce, a volte carsiche, di questi concetti. A cura di Giuliana Adamo, con un saggio, tra altri, di Cosimo Colazzo.

Esce per i tipi di Armando Editore il libro Désordre. Futurismi di ieri e di oggi (a cura di Giuliana Adamo), frutto di un progetto dell’Associazione Culturale “Piazza del Mondo”, in collaborazione con Associazione Culturale “MotoContrario”, Associazione di promozione sociale “Accademia Internazionale di Smarano”, con il contributo di Provincia Autonoma di Trento, Comune di Rovereto, Regione Autonoma Trentino Alto Adige, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.

Nel libro si indaga, nella chiave del termine “désordre”, particolarmente suggestivo e produttivo, innanzitutto il futurismo della prima parte del XX secolo, ma, con questo, risonanze volte, da una parte, al passato storico, e, dall’altra, a un tempo a noi più prossimo. Il futurismo ha prodotto, all’inizio del ‘900, una rivoluzione, un sovvertimento profondo, totale, nel modo di considerare l’opera, la creatività, la comunicazione e la ricezione dell’opera. L’utopia futurista si nutre del disordine dei confini abituali in tutti i campi, rimescolando profondamente i rapporti tra le arti, il rapporto con il pubblico. Il principio del disordinamento è decisivo per il futurismo che vuole chiudere con l’ordine consolidato, in arte come in politica.

Cruciale è la figura di Fortunato Depero, il richiamo, in lui molto presente, a una profonda vocazione ludico-creativa e a un rapporto concreto-diretto, sin tattile con l’arte e i suoi materiali (di questo si occupa l’intervento di Salvatore Colazzo). Ma importante è anche l’opera di Aldo Palazzeschi, con le sue innovative costruzioni poetiche, l’ironia spiazzante, e anche qui il gioco e certa malinconia che vi si collega (l’intervento di Giuliana Adamo sulle poesie giovanili di Palazzeschi). In musica troviamo figure come Russolo, Casavola, e, pur non strettamente futurista, comunque sodale con lo spirito moderno e modernista che il movimento incarna, Casella: tutti volti a emancipare rumore e dissonanza. Esperienze successive ricercano dentro le possibilità costruttive del disordine, oppure disperdono l’opera dentro la vita sociale (continuando a evidenziare risonanze col futurismo); sino alla caduta dell’orizzonte del futuro, tratto malinconico e ombroso di quel minimalismo che sembra stare in un continuo presente (l’intervento di Cosimo Colazzo copre un tale disegno nella traccia di concetti-chiave come “disordine” e “futuro”). Ma il libro tratta del tema del disordine anche in riferimento al passato, che non mancava di dialogo, anzi poteva ricercare la relazione con il polimorfo e il molteplice, come per le silve rinascimentali, enciclopedie di curiosità che fanno della diversità, del disordine, del salto logico un motivo di costruzione (così l’intervento di Paolo Cherchi). Emilio Villa rappresenta una spinta propulsiva, centrifuga allo sperimentalismo poetico, vissuto nel gioco linguistico-sonoro, che apre le lingue singole al plurilinguismo, la catena logico-semantica alla catena logico-sonora, nel mentre emergono schegge di senso capaci di sferzare attitudini di vita tranquilla e ordinata (su questo l’intervento di Bianca Battilocchi). Infine una poesia, densa di citazioni e correlazioni sonore (di Marco Sonzogni). Bellissima la copertina per il libro, di Silvio Cattani.

Sommario del libro.http://www.piazzadelmondo.it/wp/wp-content/uploads/2021/04/Sommario-D%C3%A9sordre.pdf

Gli autori dei saggi. – http://www.piazzadelmondo.it/wp/wp-content/uploads/2021/03/Pagine-da-ADAMO-De%CC%81sordre-15-x-21.pdf

Qui la scheda del libro sul sito della casa editrice: https://www.armandoeditore.it/catalogo/desordre-futurismi-di-ieri-e-di-oggi/

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INFO:

Associazione Culturale “Piazza del Mondo” – Rovereto

segreteria@piazzadelmondo.it
www.piazzadelmondo.it

Armando editore – Roma

info@armando.it
press@armando.it
www.armando.it

Differenza sessuale e differenza di genere. Su questo si gioca un confronto che è anche di gerarchie e precedenze nel discorso politico. Stranamente il femminismo radicale resiste a considerare ovvio l’ingresso di altri generi (la galassia LGBTQ+) nell’alveo di una considerazione politica forte e sancita. Di queste tematiche, che sono giocate su un piano filosofico ma hanno evidente proiezione politica, tratta Cosimo Colazzo in un suo editoriale per l’Adige.

Il femminismo radicale si è nutrito del pensiero della differenza sessuale, richiamando la diversità biologica del femminile per mettere a fuoco e orientare un pensiero che si è formulato e deve formularsi come alternativo. In questo quadro il sopravvenire di altri generi (la galassia LGBTQ+) che reclamano voce secondo un’idea più ampia della pluralità del genere e delle identità minoritarie, evidentemente mettono sullo sfondo il biologico e chiedono presenza politica.

Cosimo Colazzo ne tratta in un editoriale pubblicato dal quotidiano L’Adige venerdì 30 aprile, discutendo sia il femminismo radicale, sia certo settorialismo “territoriale” dell’attivismo LGBTQ+ che fatica a separarsi dallo specifico identitario, mentre sarebbe utile il dialogo e il mescolamento dei discorsi.

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Articolo di Cosimo Colazzo, per L’Adige, dedicato a Valentina Pedicini, regista recentemente scomparsa, che ha elaborato una sua poetica del documentario, volta a cogliere la realtà dei margini attraverso le immagini di realtà al tramonto che, nel crepuscolo, testimoniano una cultura, un mondo che ha costruito vite, tessuto comunità

Cosimo Colazzo ha scritto un articolo-editoriale per l’Adige, dedicato a Valentina Pedicini, regista recentemente scomparsa, la cui filmografia si esprime soprattutto nel genere documentario cogliendo alcune realtà osservate e riprese in un crinale critico. Sono vite ai margini, disperatamente arroccate in un loro mondo che volge al tramonto, rese da immagini sensibili, prossime al silenzio. Parla dei margini delle società, dei persi al mondo: quelli che si sono chiusi in un proprio universo, come nel caso del racconto di una strana setta che coniuga religione e arti marziali; una periferia degradata a Brindisi, dolce e attonita, le famiglie che hanno un parente, figlio, marito finito in carcere, ciò che resta dell’economia del contrabbando di sigarette, ora sostituita da altri più spietati traffici; il lavoro nelle miniere del Sulcis, i suoi ultimi sussulti, le vite aggrappate a un mondo che ha plasmato generazioni e famiglie, elemento di identità che non si vuole perdere.

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