Cosimo Colazzo è autore di un saggio intorno a proprie composizioni legate a testi della scrittora e poeta Maria Attanasio, ora pubblicato per i tipi di Castelvecchi in un volume incentrato sull’arte poetica e narrativa dell’artista calatina

Cosimo Colazzo ha avuto frequentazione dell’arte di Maria Attanasio, di quella poetica e di quella narrativa, per alcuni suoi lavori compositivi: un brano per voce e pianoforte – Notte che oscilli al vento – e una vasta opera per soprano, baritono, voce recitante, un quartetto di sassofoni – Francisca – su libretto di Giuliana Adamo ispirato a un racconto di Maria Attanasio, Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile, uscito nel 1994 per i tipi di Sellerio, ora compreso in una raccolta di racconti di più recente pubblicazione, Lo splendore del niente e altre storie (Sellerio, 2020)

Nell’occasione di un convegno a Valencia, nell’ottobre 2022, Colazzo ha potuto approfondire il suo rapporto, da musicista e compositore, con i testi di Maria Attanasio. Quelle riflessioni hanno ora assunto la forma di un saggio, pubblicato nell’ambito di un volume monografico su Maria Attanasio (atti del convegno valenciano), pubblicato da Castelvecchi, per la cura di Giuliana Adamo e Miguel Ángel Cuevas, dal titolo Maria Attanasio. Quattro decadi di bifronte scrittura disobbediente (pp. 179, € 20,00).

Il saggio di Colazzo, dal titolo Composizioni musicali su testi di Maria Attanasio: Notte che oscilli al vento e l’opera Francisca, parla del rapporto tra musica e poesia, delle alleanze che si disegnano tra la musica di Colazzo, per come è concepita, e la poesia di Maria Attanasio, su crinali che valorizzano l’evento, il dubbio, l’apertura, il possibile. E spiega, toccando aspetti compositivi dei due linguaggi, dove sono, nelle declinazioni dei due autori, rispondenze e risonanze.

Francisca, per la sua parte, è l’emergere di un paradosso: paradossale il suo tentativo di farsi uomo per lavorare, sfidando di fatto il senso comune, che, infatti, le si rivolge contro; paradossale l’esito finale, di un’assoluzione, che infine viene decisa da parte dell’Inquisizione.

Questa storia emersa per lacerti da cronache ultra-locali d’inizio Settecento viene re-intrecciata da Maria Attanasio, che dà voce a quel margine che è Francisca, ricca del suo coraggio e della sua voglia di sopravvivere attraverso se stessa; per questo capace di sfidare l’Inquisitore, che vive, da parte sua, un crepuscolo e un tramonto, gli ultimi cascami di una cultura, quella dell’Inquisizione, autorità che chiede solo obbedienza, di fronte al sopravveniente illuminismo.

La musica di Colazzo racconta le dinamiche trasformative dei due personaggi e di due culture che si confrontano mescolando i loro apporti: l’individuazione del nuovo insieme con il vecchio che va dissolvendosi. Opera di incroci e incontri paradossali e impossibili, che tuttavia avvengono e provocano trasformazioni e metamorfosi. Musicalmente e vocalmente i due personaggi si confrontano all’inizio: la ritmica inesorabile, i motti duri e graffianti dell’Inquisitore; le poche articolazioni di lei, che non sa opporre molto contro un’autorità che le si propone con tutta la sua forza violenta. La voce recitante indica antefatti, tesse gli accadimenti, ragiona, commenta, approfondisce, accompagna i personaggi, a volte li sollecita, si fa attiva. Quando si ritrova sola e reclusa, dilaga la sofferenza di Francisca, emergono ricordi, la vita vissuta con il marito, il lavoro nei campi, la morte di lui, la necessità di sopravvivere travestendosi da maschio per essere ingaggiata come bracciante. Emerge un’identità che attenta le frontiere binarie del genere: Francisca e Francisco insieme. Si fa forte il senso di ingiustizia di fronte alla morte annunciata, la necessità di lenire il dolore, di attutire il colpo atteso. Per questo canta a un cento punto un canto assillante, ossessivo, sempre più macchiato di glissandi-lamenti, citazione di un moroloja in griko: canto di morte che accede ritualmente a un altro mondo dove diurno e notturno si mescolano, il binario diventa plurale. Ritualmente si appropria di sé disperdendosi, paradossalmente si ritrova. Dopo questo ulteriore “passaggio” Francisca sa sostenere le proprie ragioni, diventa più presente con il suo canto. Ed è l’Inquisitore che entra in una dinamica trasformativa, trova accenti di dubbio, avverte il valore della tolleranza. Arriva la risoluzione del conflitto, l’assoluzione alla fine, ma nulla di risolutivo, nessuna retorica del bel finale: l’opera si spegne verso i toni del grave, si annulla in lenta spirale in un silenzio buio. Quanti silenziati ancora, quanti nei margini non hanno diritto di parola!

Un’opera della durata di un’ora e mezza circa che racconta tutto questo musicalmente, grazie anche a un libretto che, ispirato a Maria Attanasio, attiva rami verso altri autori (Manzoni, Giordano Bruno…), arpiona tempi diversi, mette in contatto, in corto circuito l’antico e il contemporaneo.

Qui di seguito offriamo il video di un’esecuzione dell’opera Francisca, musica di Cosimo Colazzo, libretto di Giuliana Adamo (liberamente ispirato a Maria Attanasio), nella forma di un concerto-spettacolo con regia video e live editing di Francesco Casu, tenutosi il 18 marzo 2023 al Teatro Massimo di Cagliari.

Il saggio di Colazzo, nel volume pubblicato da Castelvecchi, ragiona su questi temi e costituisce una guida alla composizione di Francisca, accompagnata lungo le otto scene che costituiscono l’opera.

Il libro è disponibile in tutte le librerie, e sul sito della casa editrice: http://www.castelvecchieditore.com/prodotto/maria-attanasio-quattro-decadi-di-bifronte-scrittura-disobbediente/